
Per prima cosa, Piero Celani, fa il gesto di seguirlo per un piccolo tour del suo comando. Il quartier generale dei Barracelli di San Teodoro sembra una villetta appoggiata lì in mezzo al nulla polveroso che separa la statale 125 da capo Coda Cavallo. Da qui il mare si avverte senza vedersi, Tavolara è una montagna che orchestra l’orizzonte. Il giardino è curato come un’oasi assediata dalla secchezza di luglio.
Pamela, una dei quasi 100 barracelli di servizio, cerca dentro una delle gabbie addossate al muretto che chiude il fazzoletto d’erba. Un gattino ferito e soccorso miagola le sue proteste dall’ombra: “Facciamo anche questo - spiega Celani - qui mettiamo animali feriti, magari investiti aspettando i veterinari. E quelli morti, in attesa che arrivi la Forestale a prenderli. Ma ci portano anche gabbiani feriti e tartarughe”.
Prima di essere la base dei Barracelli, questa era una caserma stagionale dei Carabinieri, costruita qui negli anni ‘70, “gli anni brutti dei sequestri - dice con gravità - qui vicino avevano la villa estiva generali e alti ufficiali”. Sotto le tettoie sono parcheggiati i mezzi. Un’auto medica e tre fuoristrada. Due hanno nel cassone una cisterna piena d’acqua, i barracelli del turno antincendio seduti sotto al portico sono pronti a intervenire. Non piove da settimane e il vento rinforza.
Barracello carabiniere
Dopo 40 anni, Piero Celani non ha perso il piglio da carabiniere. Era maresciallo e, come ama dire, ha strutturato il suo comando come se fosse una caserma. Prima di tutto il vestiario, uniformi in ordine e turni sempre ben organizzati.
Ricorda ancora il suo primo impatto con i barracelli: “Ero un carabinierino, nel 1972, tornavo a San Teodoro dalla mia ragazza - racconta - dopo una curva mi trovai davanti sulla strada un gruppo di persone armate. Accelerai e scappai. In caserma mi dissero che erano barracelli. Ecco perché sono importanti le uniformi”.
Corpo speciale
Divisa verde con scudo giallo, il corpo dei Barracelli esiste solo in Sardegna. Ha una storia secolare, nato e cresciuto per mantenere l’ordine sul territorio. In alcune zone ha ancora la missione originaria: “Sono nati nel ‘500 durante la dominazione spagnola - spiega con calma, seduto alla scrivania del suo ufficio rinfrescato dall'aria condizionata - si chiamavano Barranchellos e controllavano le zone esterne alle città. Erano guardiani che dovevano conoscere come le loro tasche il territorio, contro i banditi di strada e il furto di bestiame. In alcuni comuni dell’interno allevatori e agricoltori assicurano ancora con loro i capi e le coltivazioni. Per noi qui in costa però è diverso”.
A San Teodoro mancano distese coltivate e grandi allevamenti. Qui le emergenze sono soprattutto gli incendi, d’estate. C’è personale h24 addestrato allo spegnimento con i mezzi a loro disposizione. “Il primo intervento è fondamentale - sottolinea il comandante - se riusciamo ad arrivare nei primi minuti, possiamo spegnerlo direttamente noi. Sappiamo qual è il sentiero giusto da prendere per arrivare al punto da cui vediamo la colonna di fumo. E coordinare i Vigili del fuoco di Siniscola, che sono i più vicini”.
Al posto dell’abigeato c’è la pesca di frodo. L’area marina protetta di Tavolara è stata un toccasana per questa zona. Ma spesso meta di battute notturne di pescatori “soprattutto dall’oristanese” riflette Celani.
Senza stipendio: una missione
Sciorina aneddoti sugli “appiattamenti”, gli appostamenti notturni per incastrarli e sequestrare la merce. “Una volta notammo una barca con luci basse e un’auto parcheggiata. Sgonfiammo le ruote e prendemmo la targa. Erano oristanesi. Durante un altro appiattamento uno si allontanò per pisciare e ce lo trovammo davanti. Ci vide ma lo ritrovammo ancora a pescare di frodo e sequestrammo quintali di pesce. Alcuni non erano nemmeno tanto furbi”.
Le mansioni dei 96 barracelli di San Teodoro vanno dall’ordine pubblico alla presenza a manifestazioni e mercati. Racconta che durante la pandemia hanno fornito supporto per il controllo del traffico al confine comunale e assistenza per portare medicinali e fare screening, casa per casa sul territorio loro. “E quanti scantinati abbiamo svuotato durante le alluvioni…”.
Sicurezza, protezione civile, commercio abusivo (“sappiamo dove andare a cercare la merce nascosta tra le dune”) anche per i Carabinieri sono un supporto prezioso durante le retate. Perché conoscono il territorio meglio di tutti, come i Barranchellos del ‘500. Armati e con la facoltà di arrestare in caso di flagranza, coprono turni h24. Ma sono tutti, in un certo senso, volontari.
Il loro compenso è ciò che rimane dal budget annuale una volta sottratti tutti gli altri costi. “Alla fine sono quattro o cinque euro all’ora - sospira Celani - nessuno lo fa per denaro. Ma per dare un servizio al proprio comune”. Tutti loro fanno altri lavori e mestieri. E Piero Celani, carabiniere in pensione dal 2008, ne ha preso il comando nel 2011.
Un fotoromanzo
E pensare che da giovane non aveva gran che a che spartire con l’ambiente da caserma. Viene dal Frusinate, il suo accento è un manifesto delle origini ciociare: “Frequentavo il geometra, al secondo anno ho iniziato a saltare la scuola per andare in giro con gli amici, al fiume, al bar con le ragazze. Mio padre allora mi disse ‘trovati un lavoro’. La mia ragazza di allora mi fece entrare nella fabbrica del sughero del papà. Mi misero a un macchinario, resistetti dalle 8 alle 8.35. Poi me ne andai”.
Trovò lavoro a Parma, ma lo stipendio non gli bastava lì, nel profondo nord, dove nei ‘60 “sembrava di stare vent’anni più avanti”. Era uno spendaccione. Per poco non fece carriera come “modello”. I suoi occhi verdi avevano fatto centro a un provino come attore da fotoromanzi. “Mi selezionarono, andai a Roma per fare la parte del fidanzatino innamorato di una ragazza che, di nascosto faceva uso di eroina”. Una carriera finita sul nascere: “Io non li cercai più e nemmeno loro cercarono più me. Ma fu interessante trovarsi in mezzo alle star dei fotoromanzi più in vista”.
La testa al suo posto
Il padre lo richiamò per l’ultima volta: “Mi disse: ‘Se i soldi non bastano nemmeno per te, cosa darai da mangiare a tua moglie e ai tuoi figli? Mi accompagnò dal maresciallo dei Carabinieri del mio paese e mi spedirono a Iglesias. La mia famiglia non sapeva nemmeno che esisteva un posto che si chiamava così”. Piero Celani mise la testa a posto.
Gli anni ‘70 erano un periodaccio per un carabiniere in Barbagia: “Nel ‘78 mi sposai e chiesi il trasferimento dalle mie parti, vicino a Frosinone. Sono tornato a San Teodoro nel ‘98. Nel 2005 alla radiomobile di Siniscola e nel 2008 la pensione”. Gli piace ricordare il suo piglio investigativo, come quando risolsero un caso grazie alla sua telecamera con videoregistratore portatile. “La prima indagine condotta così, fecero i titoli sui giornali. L’Arma mi ha dato tanto, e io ho dato tanto a lei, non ero uno che timbrava il cartellino”.
Tornato a guardia di quelle che ormai sono le "sue", dei monti e delle spiagge, ora Celani ha tempo anche per il suo personale, di giardino. E di raccontare non si stanca mai: “San Teodoro era un posto totalmente diverso, prima del boom turistico. Pensi che ancora ricordo la prima ragazza che incontrai, sulla stradina del Summer. Perché non c’era nessuno. Se ci guardiamo indietro ora, possiamo chiederci: cosa è stato fatto oltre a costruire? Bisogna cambiare, creare servizi, bagni, wifi. Una pista ciclabile sarebbe bellissima. Ma anche una passeggiata di legno che unisca le spiagge. Si potrebbe fare, senza cemento o asfalto. La mia preferita? La terrazza di Lu Impostu”.