graziella asara

“Tutto qua?” non è la reazione che ti aspetti scendendo in spiaggia a Bali. A meno che il termine di paragone non sia la “tua” Sardegna. Conoscere l’isola è un’esperienza che non finisce mai. Graziella Asara gestisce l'agenzia turistica Costa del Sole a San Teodoro. Ha cominciato a scoprire tutto quello che la circondava e ne ha fatto un mestiere. È nata a Berchidda, e lì, ai piedi del monte Limbara, la sua famiglia era un’eccezione: “Appartengo alla terza generazione di una famiglia di imprenditori - racconta - nel 1947 nonno Cicitto, Francesco, ha iniziato a trasportare le persone che si recavano nelle campagne da Stazione di Monti. Aveva un camion, un Leoncino, è stato un pioniere qui, con la sua azienda, Eredi Asara”. 

Nel cuore rurale della Sardegna del secondo dopoguerra, era un mercato che si apriva, arrivare primi poteva significare fare fortuna: “All’epoca credo che la gente viaggiasse prevalentemente con animali, con l’asinello per esempio. Sono cresciuta in questa realtà, era anche insolito, mi ricordo benissimo che alle elementari io che avevo gli autobus ero diversa dagli altri, figli di pastori e muratori. Dicevo ‘cavolo che vergogna…’”.

Ogni posto un colore

Ci è nata e poi ci è “caduta dentro questa cosa”. Usa queste parole: come se avesse provato a uscirne. La verità non è così lontana. Nel 1999 è arrivata a San Teodoro rilevando l’agenzia di Noleggio con conducente Costa del Sole. Ha trasformato quell’attività, che ora conduce in proprio con la sua collaboratrice, la “preziosissima" Elisabetta Carta, prima come centro escursioni e poi agenzia viaggi e turismo. Ha mantenuto solo il nome: “Ormai penso di conoscerla bene la Sardegna, eppure riesco sempre a emozionarmi anche solo per un colore, come se fosse una cosa nuova”. 

“L’escursione più bella?”, è la domanda che le fanno più spesso. Ma non c’è una risposta, “ti direi tutte. In ogni angolo della Sardegna non troverai mai la stessa ambientazione, io stessa mi sono accorta a posteriori che è un paradiso. San Teodoro ha una miriade di spiagge, che non ha nessun altro. Quando sei ragazzina pensi che tutti i posti siano così belli, perché ci cresci dentro. E invece no. Per questo ringrazio dio ogni giorno per essere questa opportunità”.

Un piede in Romagna

Quasi ogni sardo che lavora nel turismo ha un termine di paragone. “Andai a Rimini, a settembre. Appena scesi dall’hotel sul mare andai correndo verso la spiaggia. E vidi questa cosa, un mare grigio. Avevo paura anche a metterci il piede”. 

Facile, se ci si è riempiti gli occhi di smeraldo per tutta la vita. Però è come possedere una fuoriserie con le sospensioni scariche: “I sardi non sanno lavorare in team, sono individualisti. Questo dovremmo imparare dai romagnoli, assieme all’organizzazione. Avevo una cliente ottantenne, anni fa. Una romagnola simpaticissima che mi chiedeva: ‘Ma la sera cosa posso fare? Qua inizia tutto tardi. Io non posso aspettare le due del mattino, io voglio ballare presto’. In Romagna uno si può divertire a qualsiasi ora”.  

Graziella racconta di aver perso il padre quando era molto giovane. La stessa età che ha lei ora. “Ci è mancata una figura che ci indicasse la strada. La saggezza che guida l'innovazione”. La Sardegna ha il suo ritmo. Lei lo chiama "andamento lento".

Uno, nessuno. Cento

Nonostante le difficoltà e “le batoste” la pandemia ha portato anche nuove opportunità. Si chiama Kentu, raccoglie decine di tour operator sardi, per coordinare il lavoro e fare squadra dopo l’anno più difficile per questo settore. L’obiettivo è arrivare almeno a cento (“kentu” in sardo): “Ci cercano in tanti, è un bellissimo progetto per fare rete. E speriamo che possa smentire questo atteggiamento del sardo individualista. Dobbiamo fare rete per essere forti”. Lo dice intestardita, perché tutto deve tornare a funzionare.

Graziella lavora tanto d’estate perché San Teodoro è una delle località più gettonate di tutta la Sardegna. D'inverno invece ci sono da organizzare le gite scolastiche. In penisola o in Europa per i più grandi. Sull'isola per i più piccoli, a Barumini o ad Arzachena, alle Tombe dei giganti, che in un’intera giornata ti squaderna davanti tutta la cultura nuragica e prenuragica. “Ma soprattutto, organizziamo gite alle fattorie didattiche. Dove i bambini imparano moltissimo sugli animali, come sono fatti, che il pollo non nasce nel cellophane. E su come si producono pane e formaggio”.

Parlare di lavoro dopo un po’ stanca. Ci sono anche tanti gatti di cui prendersi cura. Una decina di “randagetti” scorrazzano nel suo giardino in frazione Nuragheddu. L’associazione Ala, che ha fondato ancora assieme a Elisabetta, vuole proporre al Comune di aprire un gattile e strappare un po’ di vagabondi alla strada.

Volevo fare la maestra

Racconta tutto con quel sorriso aperto che però non riesce contenere la stanchezza. C'è stata una pandemia di mezzo, nodi da sciogliere, e tanti perché ai quali ancora nemmeno il karma suggerisce una risposta. E poi una storia sospesa. Non fa mistero che le piace avere a che fare con i più piccoli. Molto più che ‘perdere tempo’ con gli adulti. “Mi sono diplomata alle magistrali perché da piccola volevo fare la maestra, poi visto che c’era l’azienda di famiglia ho deciso per Scienze politiche con indirizzo politico-amministrativo. Ho studiato le lingue, cambiato totalmente strada ma le passioni rimangono”.

Come quando capita in agenzia una famiglia con figli al seguito: “Di solito ignoro i genitori e chiedo ai bambini ‘cosa ti piacerebbe fare?’ - racconta col sorriso. Scherzando, ma nemmeno troppo - vorresti andare in barca a vedere i pesciolini e i delfini? I bambini li devi incuriosire, dar loro la possibilità di elaborare il proprio pensiero”.

Quattro ore e mezza in classe, tanto è bastato. “Ho fatto una supplenza alle scuole materne del mio paese, a Berchidda. Si vede che dentro di me c’è questo talento. Me lo dicono tutti”. E le basta parlarne per accenderle il sorriso pensando a quello che ancora può essere.