
Racconta Roberto Degortes che il primo cantiere del porto di San Teodoro lo andava a vedere pedalando con la sua bici. Aveva tredici anni e faceva la terza media. Ora che di anni ne ha 39, riflette su quelle gettate di cemento che adesso spuntano dalla costa come ossa senza muscoli. Secondo lui sono il simbolo di un’occasione che San Teodoro non sta cogliendo. “Una costruzione eterna, il cantiere è ancora lì. Si è mosso ma non abbastanza per poter essere aperto, per poter creare un’economia”.
Degortes vive di mare. Tanto da avere quello che chiama mal di terra: “Quando sei abituato a vedere il mondo muoversi e a un certo punto è fermo. E nella tua testa vuole muoversi”. D’estate lavora come skipper, da qualche anno governa barche a motore fino ai 25 metri, affittate dai turisti. Esce dal porto di Puntaldia. In tarda mattinata si prende il largo e si cerca un posto riparato, a seconda che sulla costa batta scirocco o maestrale. I primi luoghi che porta a visitare sono secondo lui “i punti forti”, irrinunciabili.
Dio e le piscine dei ricchi
Comincia dalle “piscine” di Molara: “Quando ci arrivi capisci perché ci devi andare, l’acqua è 2-5 gradi più fredda e hanno una limpidezza… chi ha creato il mondo ha deciso di imitare le piscine dei ricchi” dice sorridendo. Il tour prosegue in senso antiorario: “Tutta Molara, ci devono andare tutti, poi Tavolara, Cala Girgolu, Punta Monte Pedrosu dove ci sono sassi enormi piatti e lisci, rocce spettacolari a forma di animale. E pozze incantevoli”.
Il suo posto invece si trova poco più a sud, dall’altra parte della punta di Coda Cavallo. “Io vado a Salinedda, nel golfo dove si affacciano Lu Impostu, Cala Brandinchi, Salina Bamba, la spiaggia di Palau e poi c’è l’Isola Ruia, che lo chiude. Vado lì quasi sempre, sia dal mare che da terra, con la mia ragazza, con gli amici, e anche da solo. Ci vanno in pochi, perché c’è molta posidonia. A noi piace, è comoda, ti ci puoi sedere, sdraiare, se cerchi bene trovi il posto a forma di poltrona. È più versatile della spiaggia, e ti lascia anche meno sabbia attaccata. Perché la sabbia - sottolinea - sta bene in spiaggia”.
Nei mesi in cui non è impegnato a governare barche, ristruttura case. D’inverno trova il tempo per uscire. Il più delle volte per pescare assieme agli amici. All’amo abboccano dentici, ricciole, anche tonni. Dice che il mare è pescosissimo, anche grazie alla zona marina protetta di Tavolara. Racconta di una cernia di 12 chili, poi mostra una foto sul cellulare, non sembra esagerare. “Il parco marino è stato una svolta per il territorio, ha attirato subacquei, canoisti. Così il turismo nautico si sviluppa”.
Il fronte del porto
Certo, servirebbe un porto. Degortes ha un osservatorio suo particolare, parla ogni giorno con la gente al molo. Anche con gli imprenditori. Dice che c’è pressione per investire. Ma non come in Costa Smeralda: “Lì i soldi girano ma non a gente del luogo. Ci sono gli arabi e i russi. Invece avremmo bisogno di investitori di qua. E riempire il porto di belle barche. Pensa a tutto l’indotto per bar e negozi”. Secondo lui in tanti sono desiderosi di investire, ma non si può, perché negli anni “ci si è organizzati per il turismo di massa, con un boom edilizio. Ora però tutto sta cambiando, ci sono interessi di livello medio alto. Mi chiedono, mi chiamano quelli che vogliono investire, mi chiedono consigli. Anche chi non ha a che fare direttamente col mare”. E tutto questo non è possibile se ancora “bisogna bisticciare per un posto barca”.
Dice di aver accompagnato industriali, calciatori, personaggi famosi e non, in giro per i golfi tra Molara e Coda Cavallo. Ma con loro foto non ne mostra, non ne ha. Non gli piace chiederle, i suoi modi sono spicci. Nemmeno al rapper americano Jeru the Damaja, l’unico che cita, se deve pensare a un “idolo”, che ha incontrato al festival Sun and bass di San Teodoro: “Gli dissi ‘sei un grande, ma non ti aspettare che ti chieda un autografo. Beviamoci una birra’. Mi abbracciò e mi disse ‘bravo, così ti voglio’”. Preferisce i pesci che cattura con l’amico Luca Palmas, con la canna da pesca come bastone da selfie: “Non ho la tv, ho staccato l’antenna. Non mi interessa il calcio”.
Un’eccezione però vale anche per lui: “Mia madre sapeva che avrei avuto in barca Paul Anka. Lo aspettavano a Puntaldia. Gli chiesi una foto per lei. Ho trovato una persona bravissima. Ma per me era solo un cliente”.