
di Sharia Lecca
Lo stereotipo del francese antipatico e supponente lei te lo ribalta in due secondi con un sorriso aperto e una gentilezza spontanea. Basta farci due chiacchiere, anche veloci, per intuire il perché suo marito Gianluca Giagheddu, oltre trent’anni fa, abbia voluto conoscere quella ragazzina bionda che inseriva un gettone nel juke box del bar La Cinta. "Ero lì a mettere un po’ di musica per i fatti miei – racconta Ariane con tanta naturalezza – e quando si è avvicinato a me è stato un colpo di fulmine, avevo 13 anni e da allora non ci siamo più lasciati".
Ariane adesso di anni ne ha 50 e quella spiaggia è diventata la sua seconda casa. Qui, insieme a Gianluca, gestisce il Perso’, un bar dove si fa fatica a guardare il bancone perché di fronte c’è uno dei litorali più belli della Sardegna. Per lei, madre fiorentina e padre francese, San Teodoro è sempre stato il posto del cuore, quello delle vacanze estive, quando la sua famiglia si trasferiva qui da Versailles anche per lunghi periodi. "La prima volta che sono venuta avevo solo due anni".

Da adolescente la sua storia d’amore con il ragazzo sardo, teodorino doc, l’ha coltivata e protetta anche a distanza, nonostante lo scetticismo delle sue compagne di liceo francesi, e dopo il diploma si è iscritta all’Università in Italia per stargli più vicino. "Ci scrivevamo tante lettere quando ancora vivevo in Francia, poi abbiamo fatto di tutto per stare insieme a Firenze, lui si era fatto mandare lì per il servizio militare e poi si è iscritto anche all’università ma – arrossisce un pochino - non abbiamo studiato niente". Lo dice senza riuscire a trattenere un sorriso, è in quel periodo che ha deciso che non sarebbe più tornata a vivere in Francia.

Nel ’93 si è trasferita in quella San Teodoro che ormai, da moltissimo tempo, non guarda più con gli occhi del turista ma attraverso lo sguardo protettivo della gente del posto. “Le mie stagioni preferite sono quelle intermedie, perché in primavera qui siamo tutti carichi di una nuova energia e l’autunno è un riappropriarsi dei propri spazi”. Una percezione condivisa un po' da tutti i teodorini, quella di una stagione frenetica in cui ci si perde di vista a maggio e ci si ritrova ad ottobre. L’assetto invernale della sua vita, quel “cosa fai in inverno” che spesso incuriosisce i turisti di passaggio, Ariane lo riassume non con un “cosa”, ma con un “chi”. "Compenso i ritmi folli dell’estate dedicandomi agli affetti, alla famiglia e agli amici, e poi c’è la mia grande passione, il cinema e il teatro".
Il Covid, con la chiusura prolungata delle sale, l’ha costretta a rinunciare all’appuntamento fisso con le amiche con le quali ha sempre seguito la stagione teatrale del Cinema Olbia. "Provo ad accontentarmi della tv ma non è la stessa cosa, manca tutto quel contesto di socialità che mi piace tanto". Il rapporto con la gente per lei è fondamentale anche nel suo lavoro al bar con Gianluca. Le migliaia di persone che affollano La Cinta non rende certo facile la cura del cliente in ogni minimo dettaglio, ma loro ci credono moltissimo.
Non lo dice ma è chiaro che anche il nuovo nome del locale, Persò, è stato scelto da lei per dare il senso di una dedizione. L’abbreviazione francese si usa nel linguaggio comune per indicare un tocco personale, unico ed originale. Ciò che sembrano voler trasmettere ai clienti del bar, il loro contributo très persò, è l’amore quasi fisico che la gente del posto ha per questa spiaggia dai colori sfacciati. "Sono molto affezionata a La Cinta – spiega ancora Ariane - amo passeggiare qui anche in inverno perché ogni giorno è diversa".