ivan corrias

di Sharia Lecca

A tradire i suoi 49 anni ci sono solo i capelli brizzolati e qualche ruga tra naso e bocca, quelle del sorriso. Per il resto Ivan Corrias ha l’aspetto di un adolescente, t-shirt con le scritte, jeans e scarpe da ginnastica. Sin dall’infanzia ha trascorso tutte le sue estati a San Teodoro e questo è sempre bastato a farlo sentire uno del posto. Anche prima di stabilirsi qui definitivamente. “Mio padre lavorava in ospedale a Nuoro e ci siamo trasferiti quando avevo 17 anni. Da da allora ho vissuto qui ma mi sono sempre sentito teodorino”. 

Un senso di appartenenza amplificato dalle consuetudini di socialità della frazione La Suaredda, una borgata che, come ricorda Ivan, tanti anni fa riusciva a dare ospitalità ai pochi turisti di allora e accoglierli nella comunità. “Oggi il turismo di massa non lo permette più ma qui il rapporto con il vicinato non è mai cambiato – racconta con una punta di orgoglio – anche se in estate ci si perde un po’ perché le case si riempiono di vacanzieri”. 

La "carrera" e lo stazzo

Il contesto è molto cambiato da quando la borgata era quasi tutta un terreno verde e la vita dei bambini girava intorno a un campetto da calcio improvvisato. Quella dimensione oggi Ivan prova a farla vivere ai suoi due figli, insegnando loro a giocare liberi nei pressi di casa; “la carrera” è la strada in dialetto gallurese ma, ammette a malincuore, “non è facile fargli vivere la libertà di una volta e per loro non sarà mai com’era per noi”. 

L’imprinting di un’adolescenza vissuta nella piccola realtà protettiva di quegli anni ha condizionato tutte le sue scelte da uomo adulto, dal lavoro alla vita familiare. Anni fa, insieme a sua moglie Valeria, ha scelto di vivere nella casa che era di sua nonna Giuseppina. “Abbiamo risistemato lo stazzo dove lei ha vissuto fino all’età di 103 anni, è piccolo per noi 4 e per certi versi scomodo – sorride con l’aria non troppo pentita di chi ha fatto una scelta particolare – ma è un posto che ha un enorme valore affettivo, è la casa di famiglia e oggi non me ne separerei mai”. 

È ben consapevole della fortuna, riservata a pochi, di aver avuto i nonni fino all’età adulta, di avergli messo tra le braccia i figli appena nati. E di averli anche visti, piano piano, andare via. La presenza di quella nonna tanto amata è tangibile ancora oggi in lui e nella decisione di intraprendere un’attività imprenditoriale che trasuda famiglia anche nel nome. 

Cose buone

“Cosi Boni”, in dialetto “le cose buone”, è un laboratorio di pasta fresca in cui Ivan ha messo anima e cuore. “Nonna era bravissima a fare i dolci, faceva il pane tutti i giorni anche quando era ormai molto anziana – qui si ferma un attimo, sospira e afferra un pensiero sfuggente - inconsciamente credo di aver voluto ripercorrere quella strada”. “Li cosi boni” che mangiava da bambino oggi sono lì insieme a lui tutti i giorni, ricordi e amore sotto forma di seadas e ravioli. “Tengo molto all’identità gallurese, infatti ai miei figli parlo solo in dialetto”. 

Le tradizioni culinarie ha anche avuto la curiosità di maneggiarle, mettendo letteralmente le mani in pasta con piccoli risultati che gli danno molta soddisfazione. “Con la pasta fresca faccio poco, chiudo giusto i culurgiones”. Lo dice come se fosse il livello base ma in realtà è una delle operazioni più complicate da fare, e quei fagottini di pasta con formaggio, patate ed erbe aromatiche tanto richieste dai turisti, non sono neanche galluresi ma Ivan ci va di istinto sulle cose. 

Casa ovunque

È con lo stesso spirito spontaneo che qualche anno fa ha voluto fare un regalo a tutta la famiglia, acquistando una casa mobile per girare la Sardegna in cerca di altri mari. “Ho venduto una delle nostre due automobili e ho comprato un furgone camperizzato. Ci piace girare per tutta l’isola nei week end, a volte stiamo fuori anche solo una notte e una volta addirittura – ride di gusto – abbiamo dormito a Costa Caddu a pochi chilometri da casa e i bambini si sono divertiti tantissimo”. 

Una scelta che parla di libertà, di voglia di casa anche lontano da casa. “E’ il modo più efficace per staccare i miei figli da cellulari e tablet e farli vivere a stretto contatto con la natura – lo dice come se gli fosse venuto in mente in questo momento - abbiamo sempre tutto pronto per il viaggio, non stiamo lì a pensarci troppo, quando ne abbiamo voglia montiamo in furgone e partiamo”.