
La sintesi dell’appartenere a questo posto è in una frase: “Se non sei nato qui e non hai mai sentito l’odore del ginepro, allora non ti manca. Ma se sei nato a San Teodoro, puoi trovare tutto fuori, ma quello che ti serve non c’è. Per questo sono tornato”. Riflette su molte cose, Luca Palmas. Su ciò che ha reso San Teodoro quella che è: “Un esempio in Sardegna di industria turistica”. E su un turismo che deve cambiare “ascoltando la natura che ti canta la ninna nanna”.
Si appoggia alla macchina mentre esce uno dei primi caffè dell’anno, al bar del suo hotel, Stella Marina. Siamo all’alba di una stagione che si preannuncia infuocata. I primi ospiti arriveranno tra qualche giorno e lui ha ancora tempo per raccontare: “Se uno di fuori mi chiede se sono di San Teodoro, per comodità rispondo di sì, se me lo chiede un teodorino, dico di no. Con i miei genitori sono venuto qui dalla Barbagia, nel ‘94”.
Foresti e continentali
I nativi, in effetti, qui sono davvero pochi. Palmas parla del boom edilizio degli anni ‘90, e indica l’insediamento su una foto aerea che ha scaricato dall’archivio del Geoportale cartografico nazionale che ha appeso nella sala. Gli piace guardarsi attorno, da ogni angolazione: “Trent’anni fa San Teodoro era un villaggio - lo indica sulla carta - poi arrivò tantissima gente da tutta la Sardegna, imprese e lavoratori”. Il boom edilizio fu causa e conseguenza di quello turistico, come un volano che continua a spingere se stesso.
Non nasconde quanto sia facile rimanere per sempre “foresto”. D’altra parte, dopo 14 anni a Firenze, ha sentito l’esigenza di tornare: “Avevo la saudade. A Firenze studiavo grafica industriale e avevo trovato lavoro come grafico editoriale. Si vive bene, è una grande città dove, se vuoi, non sei nessuno. Oppure, se vuoi, è un villaggione, grande come una borgata di Roma. Ma poi un motivo per tornare lo trovi. Le stagioni qui erano lunghe, cominciavo a perdere esami. Alla fine siamo stati pragmatici”. A casa sua, sottolinea, “non si guardano molti film”.
Insomma era il momento giusto. Da Firenze dice di essersi portato un po’ di velocità e operatività: “È partita una persona e ne è tornata un’altra - ammette - hai visto quanto corrono ‘su’, a Milano e in Romagna? Qui i tempi sono più dilatati. Ma anche questa lentezza ha un valore. E poi mi sono portato la capacità di fregarmene di quello che la gente pensa”.
Per lui è stato come aprire una gabbia. Era Firenze a stargli stretta, e il suo nuovo inizio teodorino è iniziato così, prendendo coscienza della differenza tra isola e “continente”: “Quando sono tornato ho detto ‘wow che posto’. Quello che ho capito è che quando ero ‘su’ davo per scontato il mare, lo spazio. E poi i sardi sono molto più umani dei continentali - dice scusandosi con il cronista “di su” - un sardo fino a che non la prende in quel posto, non capisce. 'Su', siete un po’ più spietati. È una giungla. Qua siamo più attenti, c’è più responsabilità. Quando sei fuori la perdi, poi torni e la riprendi”.
L'eredità delle donne
Si definisce un curioso (“me la sono studiata”), dalle tasche tira fuori aneddoti e curiosità sulla storia di San Teodoro, quel poco che ha trovato studiando la sua terra, dal passato rarefatto: “Le famiglie a San Teodoro hanno un’impostazione matriarcale - racconta - non era terra di pescatori ma di pastori. Il terreno prezioso quindi era quello dei pascoli, più all’interno. Quelli sulla costa, magari paludosi, non erano ambiti. E così andavano alle donne che hanno ereditato grossi appezzamenti. Poi, quando è iniziato il boom edilizio, si sono trovate con questa ricchezza incredibile di terreni che erano considerati inutili”.
Ripensare il turismo
Adesso che l’occupazione si è assestata, anche secondo Palmas è opportuno fermarsi a riflettere sul futuro di questo paese che d’estate si trasforma, diventa una città. Per chi ci lavora “ogni giorno è un lunedì”. Allungare la stagione, portare turisti anche più lontano dal mare, con la consapevolezza che San Teodoro resterà a vocazione balneare. Ma si può fare, senza svendere questo patrimonio.
“È la chiave, ma devi avere cognizione di causa, trovare target specifici: sport, cultura, convegni, cercando i mercati nuovi con le fiere. Servono investimenti importanti per gestire i flussi e cambiare la forma mentis dei turisti. Il 99 per cento dei miei clienti vuole andare alla Cinta o a Cala Bandinchi, poi magari va lì e non ci capisce niente. Qui non ci sono quasi stabilimenti balneari, è un plus, abbiamo lavorato tanto per non farti trovare solo questa natura strabordante, abbiamo una polizia rurale che tutela il territorio. Ci vuole gente che sa cosa sta trovando, viene e compra la sua settimana a contatto con la natura”.
Sul Monte Nieddu, per esempio, dove si trovano le vasche naturali scavate nei millenni dal Rio Pitrisconi. Montalbo, poco lontano, un monte calcareo che somiglia a Tavolara, senza alberi: “Ci sono salito, vedevo fino a Orosei e oltre, come quando vai a Santa Teresa e vedi la Corsica. Da ragazzini non ti interessa, da grande invece lo apprezzi. Non puoi darla per scontata, la natura”.
Ascoltare la natura
Racconta di gite in gommone a Molara e Tavolara, le isole il cui profilo si mescola all’orizzonte. Lui cerca di dare l’esempio, rifuggendo le spiagge affollate per approdare dove non c’è quasi nessuno. Nei mesi in cui il turismo si ferma, è quello che gli piace fare. Una passeggiata col cane di qualche ora nei sentieri in mezzo ai boschi, pesca d’altura col vivo, a caccia di ricciole, cernie e dentici.
Dice che è il mare è pescosissimo e il Parco marino di Tavolara, che vincolato tutto, è stata la salvezza di questo posto: “Anche se non pesco niente, resto imbambolato a guardare le stelle. E sono felice lo stesso”. A lui, come a molti, piace ascoltare il silenzio in quei momenti: “Qui capita che stiamo in maniche corte a Natale. Quando vai in barca anche le mareggiate non sono violente. La natura è dolcissima, se la stai ad ascoltare ti parla. Ti vuole bene, ti canta la ninna nanna. Il silenzio, quello che d’estate non c’è, magari a qualcuno non sta bene, perché sente la propria voce e non gli piace”.