Agostina Bergnesi

“Io d’inverno?”. Spalanca gli occhi sorridendo di quella soddisfazione promessa che si pregusta a luglio pensando al fresco autunno. Piega un po’ il capo per sottolineare il concetto: “Mi rilasso. I turisti vanno via nei mesi più belli”. Per fare una chiacchierata con Agostina Bergnesi bisogna placcarla in quelle due ore e mezza che ha libere tra pranzo e cena. Esce dalla cucina e si presenta ancora col grembiule all’ingresso della sua Taverna degli artisti, a due passi dalla Cinta. Una romagnola in Sardegna, rimasta così, come una goccia d’olio nell’acqua. Basta ascoltarla.

“A San Teodoro non mi vedono da un anno, mi faccio i cavoli miei”. C’è poco da aggiungere, se non tornando indietro a quando è arrivata qui assieme al marito Sandro Patacconi. Sono passati più di trent’anni. Lei da San Giovanni in Marignano, paese appoggiato alle spalle Cattolica, sulla riviera Romagnola. Lui originario di Genga (Marche profonde), tour operator cresciuto a Rimini. 

Ho portato la rucola

Dalla sua terra ha portato il saper fare, maneggiare gli ingredienti e dirigere la cucina con entusiasmo e polso. L’organizzazione, la stessa che ha permesso in Riviera di costruire nei decenni, attorno a un mare opaco, un’industria turistica. E la rucola: “Quando sono arrivata, qui in Sardegna non c’era”. Chi esporta la piadina romagnola non può farne a meno, con lo squacquerone.

In Romagna lei e Sandro erano ristoratori, albergatori, gestori di pub. La spola tra “continente” e Sardegna è continuata fino al 2000. Poi la decisione di trasferirsi definitivamente, per dare stabilità ai figli piccoli: “Prima di venire in Sardegna non portavo mai gli occhiali da sole, ma lo vedi questo cielo? E la natura, mi entravano le ranocchiette in casa, è qualcosa che da noi non abbiamo più. Però manca la mentalità romagnola”. Quella ce la mette lei, ora assieme ai figli Giulia e Giacomo.

Era una catapecchia

“Arrivammo a San Teodoro in vacanza. Era l’anno della mucillagine”. Il 1989 fu il terremoto del turismo, in Romagna. A un mare già di suo ingeneroso di bellezza, si aggiunse il disgusto. “Tornammo d’inverno a cercare un locale. Non abbiamo trovato nulla fino all’ultimo giorno. Stavo chiudendo i bagagli quando Sandro rientra in casa e mi dice ‘lascia stare la valigia, ho visto una cosa stupenda’. Aveva camminato fino alla fine di via Tirreno e trovato questo posto. Era una catapecchia, l’erba altissima, un disastro. L'unica punto forte era la spiaggia lì vicino. Dal 1990 siamo qui. Sandro aveva occhio”.

Sono già passati 15 anni da quando Sandro non c’è più. Quando lo dice, Agostina, sembra quasi sorpresa, come se fosse successo ieri. “È stata dura, ma ce l’abbiamo fatta a tenerla in piedi, perché l’abbiamo voluto fortemente. Ed è andata”. Parla di questi ultimi quindici anni, ma anche dell’inizio, qui in Sardegna. Non proprio una passeggiata: “I primi due anni è stato terrificante - ricorda - i precedenti gestori non avevano pagato i fornitori. Il locale era sputtanato. Dovevamo pagare di volta in volta le consegne, altrimenti voltavano il furgone se ne andavano. E noi, dopo l’acquisto, eravamo prosciugati”. Ma, come dice, “è andata”.

Un'amica in cucina

In cucina si definisce severa e intransigente. "Un generale" al quale giurare fedeltà: “Sono bastarda, ma faccio gruppo. E quando fai gruppo, la sala vola”. Fare gruppo significa rimanere amici, sentirsi con i camerieri che hanno lavorato per lei anche dopo molti anni. La sua cucina è un viavai di ‘zdore. Amiche che la vengono a trovare, magari ospiti a casa sua. Una da Modena, l’aiuta a fare gli strigoli. Poi da Toscana, Romagna.

Dalla cucina esce una di loro, ex una ex insegnante di San Teodoro, ora in pensione. C’è sempre qualche ettaro di sfoglia da tirare o quintale di ravioli e culurgiones da chiudere. “Vengono qui, mi aiutano gratis. E io faccio lo stesso per loro”. Qualche numero: 100 uova di tagliatelle, 10 chili di farina per gli strigoli. 

Voglia di vivere

A dicembre, se ne va, “mi torna la voglia di vivere”. La ricarica in autunno, passeggiando con i suoi quattro cani a Cala Brandinchi o per i sentieri nel bosco dopo l’Isuledda. Poi torna in Romagna, “sale” a trovare gli amici e fare lunghe chiacchierate. Trippa, soglioline al mugnaio, canocchie, coniglio “che qui non lo trovo. Il resto non mi manca, perché tagliatelle e passatelli io li faccio”. Da come ne parla, una delle sue amiche del cuore è proprio la figlia Giulia: “Andiamo via, sono vacanze fai da te in tutto il mondo, non c’è posto che non amo. E mi piace viverli. Ci siamo fatte in auto il Costa Rica. A Cuba, da Santiago a L’Avana. Mi godo il fatto di poterle parlare. D’estate al ristorante non c’è tempo”.

Agostina sta costruendo la sua nuova casa, per lei e per i figli. L’ultima, a quanto pare. A Suaredda di sopra, da dove si vede il sole che sale dal mare al mattino. Il panorama si srotola da Tavolara a Budoni. Dice che da quando è piccola, nella sua San Giovanni, è abituata ad avere aria. "La mia vecchiaia la voglio passare così, non voglio nessuno attorno".

“La cosa più difficile che ho fatto? Trovarmi da sola, da un giorno all’altro, a gestire un ristorante con due figli adolescenti, una casa in costruzione e un mutuo da pagare. Però non ho mai avuto la tentazione di tornare”. Insomma, è andata.