matteo pastorino

Il luogo dell’incontro lo decide lui, senza esitazione: "Ci vediamo al bar L’Esagono così stiamo di fronte al mare". Matteo Pastorino sembra voler fare il pieno di San Teodoro prima di tornare a Parigi, dove si è trasferito 13 anni fa per studiare il clarinetto al Conservatorio Regionale. È l’unico strumento che suo padre Mimmo, musicista, non aveva in casa ma lui, dopo aver provato a suonare un po' tutto, alla fine si è appassionato proprio a quello e ha imparato a suonarlo da autodidatta. "Vedere suonare un amico di papà sassofonista – racconta che spesso la sua casa si trasformava in una sala prove – mi ha aperto un mondo, mi sono appassionato subito. Alle scuole medie poi appresi molto del solfeggio ma – afferma categorico – la musica l’ho imparata a casa con papà al novantanove per cento". 

E suo padre, che ha sempre assecondato una passione ed un’attitudine impossibili da ignorare, lo portava a suonare con sé durante le sue serate. "Papà ha fatto Piano bar per anni all’Hotel Due Lune – il primo hotel di lusso a San Teodoro, a Puntaldìa – e negli anni ’90 ha girato un po’ in tutta la Sardegna". 

Prestissimo, a Parigi

È stato però l’orecchio allenato di un profano a insinuare in lui la possibilità di lasciare la Sardegna per suonare in ambienti artisticamente più fertili. "Avevo solo 14 anni quando, dopo l’esibizione in un albergo, un esportatore di Brunello di Montalcino, che aveva dei ristoranti a Parigi. Disse che mi avrebbe aiutato a farmi strada nella musica, si innamorò di me". Fa il segno delle virgolette con le mani, quello sconosciuto si innamorò del suo talento. D da quel momento, l’idea di lasciare casa per studiare musica divenne un dove e un quando. "Allora ero troppo piccolo per andare via ma appeno ho potuto sono partito per Parigi". 

A 19 anni, subito dopo il liceo, si trasferisce nella capitale francese e la musica diventa la sua vita. La laurea al conservatorio con il massimo dei voti è solo il primo di una lunga serie di riconoscimenti che lo proiettano ai piani alti del panorama jazz francese. Fonda il gruppo Matteo Pastorino Quartet, con cui nel 2012 vince il concorso per giovani talenti del Festival Jazz a Saint Germain des Prés e a lui viene riconosciuto il premio Selmer per il miglior solista. Nei tre anni successivi vince il Concorso Internazionale per solisti di Jazz di Montecarlo e ottiene il premio della critica al concorso internazionale Massimo Urbani. 

Nel 2014, esce il suo primo disco da solista con il titolo V, una lettera che è un tributo ad un capitolo doloroso del suo vissuto personale. Nel 2017 esce il secondo album, Suite for Modigliani, realizzato con il suo quartetto e il chitarrista newyorkese Gilad Hekselman. Iniziano così le sue tournée in giro per l’Europa; Belgio, Spagna, Francia e Italia ma anche Pakistan e Senegal. 

Tornare da lontano

Nel 2016 Matteo Pastorino sembra voler dare una casa al suo clarinetto e crea il festival San Teodoro jazz, diventato un appuntamento fisso tra gli eventi estivi del paese, nonché uno dei più seguiti ed apprezzati tra gli appassionati del genere in Sardegna. "Avevo voglia di creare qualcosa che rimanesse radicato qui, qualcosa di diverso che potesse ampliare l’offerta culturale - lo descrive come un richiamo istintivo alle sue origini, a cui tiene moltissimo – le mie radici sono a San Teodoro, sono cresciuto qui, tengo salde tutte le mie amicizie e torno appena posso per passare del tempo con la mia famiglia". 

Spiega che per lui il festival è come una missione sociale per arricchire culturalmente il paese e creare un turismo diverso. "Non bisogna avere paura di investire nella cultura, c’è bisogno di investimenti più duraturi in questo senso per superare quell’insostenibile gap tra i tre mesi di stagione e i nove mesi di niente". 

La giusta distanza

Il suo rapporto con la terra di origine si nutre della lontananza e lo ha portato a voler approfondire il legame con tutta l’isola, dal mare all’entroterra. "La Sardegna ha delle tradizioni incredibili – spalanca gli occhi con l’entusiasmo di una cosa appena scoperta – non siamo solo spiagge e alberghi. Dobbiamo ragionare come un unico popolo che ha un peso culturale comune". È come se lui, con la giusta distanza di chi vive lontano da qui, vedesse la Sardegna e San Teodoro con l’occhio di un drone che sorvola il mare fino alle montagne dell’interno. 

Per questo ha voluto che l’apertura dell’edizione 2021 del San Teodoro jazz si svolgesse all’interno del Museo delle maschere di Mamoiada. I legami con i luoghi e le persone sembrano essere il filo conduttore che lo ispira nella vita e nel suo lavoro di artista.

San Teodoro, impressioni di settembre

Ha suonato sui palchi internazionali più prestigiosi e davanti al pubblico più esperto, ma se deve scegliere l’esibizione a cui è più legato torna ancora a casa, ai tempi del “In Family jazz trio”. Era la band con cui il padre portava in giro per serate lui e suo fratello Vittorio, scomparso per una malattia all’età di 16 anni. "In estate ci divertivamo moltissimo a suonare a Lu Brutoni e al bar La Posta circondati dai nostri amici".

È un ricordo libero dalla tristezza del lutto, il passare degli anni ha lasciato alla memoria solo la spensieratezza di quei momenti. "È per questo che vengo spesso a San Teodoro, per il bisogno di tornare dove sono cresciuto con lui". Il periodo dell’anno che preferisce, qui in paese, è settembre. "È un mese molto nostalgico, per me è molto importante per la creazione. In estate suono tanto e quando finisce tutto c’è come un calo di tensione che porta nell’animo la voglia di raccontare. C’è un mood intenso che questo posto ti lascia e a settembre, quando parto, ho sempre una sensazione di tristezza che mi fa esprimere delle cose con la musica". 

È evidente che la sua vita artistica è ispirata dalle sue origini. Vive in Francia da 13 anni, la sua vita lì gli piace, ha una compagna con cui convive e che porta spesso in Sardegna. Abitare qui stabilmente non è tra i suoi progetti ma la sue note viaggiano continuamente sulla tratta immaginaria Parigi - San Teodoro. "Porto sempre in musica questo paese perché amo la sua aria, il vento, quella luce, e poi per me è casa".