
C’è una pista per volare, a San Teodoro, anzi sono due. Una corre da nord a sud, l’altra da est a ovest, e si incrociano a metà, davanti allo stagno della laguna dei fenicotteri. Quando si affaccia la primavera, Salvatore Biddau ha un bel da fare per tagliare l’erba e tenerla ben rasata. Resta solo qualche macchia viola, qua e là, dove evita di passare in sella al suo trattorino: “Quelle sono orchidee selvatiche - le indica un po’ a margine del percorso - non le taglio perché sono una specie protetta, rischiano l’estinzione”.
L’aviatore gentile di San Teodoro viene da Calangianus, paese del sughero. Racconta che una volta ebbe un incidente con la sua moto. E di motori non si poteva più parlare in casa. E allora ha cominciato a volare: “Ti assicuro che dopo la roulette russa, non c’è niente di più pericoloso della moto - afferma sicuro - il cielo invece è grande e tu sei solo. Lassù, nessuno fa inversione a U”. Venticinque anni fa è arrivato a San Teodoro e ha spianato l’aviosuperficie dalla quale decolla sui biposto con i turisti o gli allievi della sua scuola.
Si prende il volo controvento, a seconda di che aria tira. Se soffia il maestrale, si va verso nordovest e poi si vira fino a sfiorare Tavolara, che da qui sembra di poterci saltare sopra. Salvatore è abituato a vedere tutto dall’alto, in ogni stagione: “Forse l’angolo più bello della Sardegna, non ha niente da invidiare alla Costa Smeralda”.
In mezz’ora si fa il giro sopra San Teodoro, da Tavolara (“dove una volta, quando c’erano gli americani, sparavano”) fino a Posada. Più lontano, in un’ora fino a tre, si arriva anche a sorvolare il golfo di Orosei e Cala Gonone e i posti che Salvatore ama di più, dove lo scalpello dei millenni ha scolpito gole e calanchi: “I canali di Gorropu e i canyon della costa est, un’ambientazione infernale, le rocce scavate dal tempo, la vegetazione a picco, mentre le percorri dondoli cullato dalle correnti. E poi si aprono Cala Luna e Cala Sisine. Una cosa fantastica”.
D’inverno è grasso e sudore, si sporca le mani, con la manutenzione del motore, delle eliche e dei carrelli. E li costruisce, spiega, lavorando il metallo. Ha imparato a Voghera, dove è iniziata la sua avventura in aria. Da migliaia di pezzi nasce un velivolo. Ed è intenzionato a proseguire in questo che chiama il suo sogno: staccarsi ancora di più dalla “terra”, collegare il mare ai laghi sardi dell’entroterra con un servizio di idrovolanti. Ce ne ha uno, parcheggiato proprio nell’hangar.
Per San Teodoro, invece, sogna un futuro sereno, che distribuisca meglio gli affollamenti delle settimane tra luglio e agosto. Quelle che dall’alto vede trasformarsi: “Quando le vedi senza turisti, ti rendi conto che è un posto baciato da dio, e qualcuno è questo che cerca, in volo trova pace”.
Anche per Salvatore, la stagione un tempo iniziava ad aprile e finiva a novembre, quando “l’acqua è ancora calda e può fare anche il bagno. Si possono fare tante cose per allungarla di nuovo, gare di coastal rowing in canoa, windsurf e kyte”. Un modo più rilassato di vivere la bellezza, magari godendosi la Cinta deserta, dove in primavera si affacciano i delfini.